I certificati SSL sono usati su milioni di siti web per garantire sicurezza e riservatezza delle transazioni online. Tuttavia, ci sono alcuni problemi che possono verificarsi con la loro distribuzione che causano la visualizzazione di messaggi di errore. Gli errori di connessione SSL si verificano quando si tenta la connessione a un sito web e il browser (client) non è in grado di stabilire una connessione sicura al server del sito. Sarà capitato a molti di notare, a partire da gennaio, un messaggio di avvertimento, che i browser Chrome e Firefox hanno iniziato a mostrare nella barra dell’indirizzo proprio accanto al dominio, che identifica i siti che non utilizzano il protocollo HTTPS (HyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer): “connessione non sicura”.
Per proteggersi dalle minacce è utile informarsi sui rischi che si corrono e possedere nozioni di base sulle misure d'adottare.
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Aruba, come rendere Internet più affidabile: certificati SSL e HTTPS
I certificati SSL sono usati su milioni di siti web per garantire sicurezza e riservatezza delle transazioni online. Tuttavia, ci sono alcuni problemi che possono verificarsi con la loro distribuzione che causano la visualizzazione di messaggi di errore. Gli errori di connessione SSL si verificano quando si tenta la connessione a un sito web e il browser (client) non è in grado di stabilire una connessione sicura al server del sito. Sarà capitato a molti di notare, a partire da gennaio, un messaggio di avvertimento, che i browser Chrome e Firefox hanno iniziato a mostrare nella barra dell’indirizzo proprio accanto al dominio, che identifica i siti che non utilizzano il protocollo HTTPS (HyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer): “connessione non sicura”.
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Polizia Postale: acquisti online, il decalogo per difendersi dalle truffe
Negli ultimi tempi l'interesse degli utenti verso l'e-commerce è cresciuto in maniera esponenziale. Allo stesso modo sono aumentate le truffe online e per la sicurezza degli acquisti è meglio essere il più prudenti possibile. La Polizia di Stato scende in campo per la protezione dello shopping online con lo slogan “Utente avvisato mezzo salvato”. Dall’esperienza acquisita nella tutela dai rischi di truffe on line, nasce dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni una guida con consigli pratici e suggerimenti per acquistare in Rete con maggiore tranquillità. Sicurezza in rete, tutela dei dati personali, protezione da frodi e rischi negli acquisti: temi “caldi” e particolarmente sentiti da chi utilizza Internet.
G Data: non proteggere i dati sensibili da attacchi informatici è reato
Ancora troppo spesso la sicurezza informatica fa le spese di un “toto probabilità” decisamente inadeguato in risposta al panorama delle attuali minacce informatiche. Se non proteggere i dati è un reato, chi propone software gestionali dovrebbe integrare soluzioni per l’integrità dei dati nella propria offerta, attivandosi in un ambito dell’information technology, quello della sicurezza IT, che, vista la creatività degli hacker, non conosce crisi. Con cinque milioni di euro l'importo delle sanzioni applicate dal Garante privacy e riscosse dall’erario nel solo secondo semestre dell’anno 2014 segna un incremento di quasi un milione rispetto al 2013, circa il 20 percento in più.
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Security: italiani si tutelano male, 67% non cambia spesso password
Percepiamo come pericoloso il furto delle nostre informazioni personali, riteniamo che il rischio maggiore di queste sottrazioni sia online, ma continuiamo a proteggerci in modo elementare e a volte contraddittorio. Il 67 percento di noi, ad esempio, non cambia le proprie password di frequente. Soprattutto, siamo poco consapevoli della dimensione del patrimonio dei nostri dati personali.
Saldi estivi: attenzione ad acquisti online, un utente su cinque ingannato
I saldi estivi sono alle porte e molti siti di e-commerce hanno già aperto la stagione. MarkMonitor®, leader mondiale nella protezione del marchio aziendale e parte di Thomson Reuters, allerta i consumatori sulla possibilità di imbattersi, durante la ricerca di offerte online, in siti di e-commerce illegali che offrono prodotti contraffatti. I Brandjackers sono consapevoli della passione per gli affari e sono abili a intercettare i consumatori a caccia di opportunità. I contraffattori approfittano della tendenza a cercare offerte inserendo termini chiave come “occasioni” o “sconto”, “outlet” o “saldi” nella loro strategia di ricerca.
Molte merci contraffatte hanno un prezzo studiato per apparire come beni legali, spesso scontati al 25-50 per cento sul prezzo di listino legale, che è paragonabile ai saldi di fine di stagione o al “fuori tutto”. Questi prezzi “plausibili” consentono ai cacciatori di occasioni di pensare di fare un buon affare sulla merce legale, soprattutto se combinati con la crescente tendenza dei siti non autorizzati a includere campagne di marketing e fotografie verosimili. Le cifre che emergono dal recente Shopping Report di MarkMonitor sono preoccupanti.
Concentrandosi sui segmenti dei beni di lusso e abbigliamento, MarkMonitor ha sottoposto un panel di consumatori provenienti da Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, per un periodo di nove mesi. Utilizzando i dati del panel anonimi e le ricerche di parole chiave, gli analisti MarkMonitor hanno esaminato il traffico verso i siti visitati, tra cui 1.000 siti web che vendono merci e 8.000 siti individuati da MarkMonitor come venditori di merci contraffatte.
Lo studio ha rivelato che fra i cacciatori di saldi negli Stati Uniti e in Europa 1 su 5 acquistano erroneamente su siti di e-commerce che vendono prodotti contraffatti. Le persone che cercano sconti sono in inferiorità numerica rispetto ai consumatori che cercano merce falsa con un rapporto di 20 a 1. "I consumatori sono stati attratti da siti di e-commerce illegali, causando laperdita di business per i brand. I risultati del nostro Shopping Report sottolineano l'importanza di sviluppare strategie proattive di protezione del marchio nell'era digitale", commenta Jerome Sicard, Regional Manager, Southern Europe, MarkMonitor.
Inoltre, lo Shopping Report di MarkMonitor ha esaminato molteplici fattori demografici - tra cui l'età, il reddito, l'istruzione e la dimensione delle famiglie - e ha rilevato che c'erano minime differenze demografiche tra i consumatori online che cercano merci contraffatte e coloro che sono semplicemente alla ricerca di offerte di beni legali. Ad esempio, tra i consumatori degli Stati Uniti, circa un quarto degli acquirenti online nel campo dei prodotti di marca (26%) e chi compra merci contraffatte (26%) ha una laurea quadriennale o superiore.
Circa il 37% degli acquirenti statunitensi di beni legali ha un reddito annuo inferiore a 50.000 $, tra i clienti degli Stati Uniti di merce contraffatta, il 38% guadagna meno di 50.000 $ all'anno. Tra i paesi dell'Unione Europea, la percentuale di consumatori che guadagnano più di 54.000 € all’anno è la stessa per gli acquirenti di beni legali e contraffatti (17%). In conclusione, MarkMonitor mette in guardia i consumatori che acquistano online, invitandoli a osservare i seguenti indizi:
• Prezzo. Se è troppo bello per essere vero, è probabilmente una” bandiera rossa” e i consumatori dovrebbero essere più vigili.
• Il sito stesso. Alcuni siti sembrano davvero professionali a prima vista, ma basta prestare attenzione alla pagina "Informazioni su" o "FAQ", i brandjackers non sono sempre così attenti.
• Diritto di recesso? I siti affidabili lo specificano chiaramente.
• Diritto di recesso? I siti affidabili lo specificano chiaramente.
• Informativa sulla privacy? I contraffattori e i brandjackers di solito non investono tempo nel realizzare una chiara e forte politica della privacy.
• Qual è la reputazione? Fai una ricerca con le parole 'nome del venditore + truffa' e osservane i risultati
INFORMAZIONI SU MARKMONITOR
MarkMonitor, leader mondiale nella protezione dei marchi e parte della divisione Intellectual Property & Science di Thomson Reuters, utilizza un modello SaaS per fornire tecnologia avanzata e competenza in grado di tutelare il fatturato e la reputazione dei più famosi marchi a livello mondiale.
Oggi, nell’era digitale, i marchi devono affrontare i nuovi rischi derivanti dall’anonimato del web, dalla sua portata globale e da mutevoli modelli di consumo relativi a contenuti digitali, merci e servizi. I clienti scelgono MarkMonitor perché offre una combinazione unica tra esperienza, tecnologia avanzata e solidi rapporti con le aziende che possono così tutelare investimenti di marketing e vendite, mantenendo la fiducia dei propri clienti. Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.markmonitor.com.
INFORMAZIONI SU THOMSON REUTERS
Thomson Reuters è la fonte primaria, a livello internazionale, di informazioni intelligenti per aziende e professionisti. Combinando una conoscenza approfondita del settore a tecnologia innovativa, la società fornisce informazioni essenziali ai più importanti decision maker dei settori quali: controllo finanziario e del rischio, legale, fiscale e contabile, proprietà intellettuale e scienza e media, con il sostegno della più accreditata agenzia di stampa del mondo. Thomson Reuters, che ha sede a New York e uffici a Londra ed Eagan (Minnesota), ha 60.000 dipendenti e opera in più di 100 paesi. Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.thomsonreuters.com.
MarkMonitor® è un marchio registrato di MarkMonitor Inc. che fa parte della divisione Intellectual Property & Science di Thomson Reuters. Tutti gli altri marchi citati sono di proprietà dei rispettivi titolari. Fonte: Prima Pagina News
Tre consigli per proteggere i super-user account dalle minacce informatiche
Successo di vendite online per il “Cyber Monday”, tenutosi lunedì 26 novembre. Secondo varie fonti infatti le vendite online hanno raggiunto straordinari risultati, soprattutto negli Stati Uniti.
ChannelAdvisor, che segue le attività legate all’e-commerce, ha valutato particolarmente positive le attività registrate sui siti di eBay e di Amazon, mentre IBM, che monitora le transazioni di 500 retailer americani, già alle 15.00 del 26 novembre ha registrato un incremento delle vendite del 25,6 per cento rispetto alla misurazione effettuata alla stessa ora l’anno precedente.
Andamento positivo confermato anche dai dati di PayPal che hanno rilevato un volume di transazioni triplicato, già alle 14.00 di domenica.
Un evento come questo richiede però particolare attenzione al tema della sicurezza: banche e negozi online si sono dovuti preparare all’eventualità di un aumento delle minacce informatiche e delle violazioni ai dati sensibili, mentre gli acquirenti online hanno dovuto prendere precauzioni extra per proteggere le informazioni personali.
Ogni giorno, gli utenti confidano nel fatto che i responsabili IT di aziende e governi che trattano informazioni critiche come i numeri di carta di credito prendano adeguate misure di sicurezza per proteggere i dati personali. Aumentare la consapevolezza dei potenziali rischi per la sicurezza è un passaggio fondamentale per riuscire a contrastare gli attacchi di hacker.
Spesso, tuttavia, enti pubblici e privati devono rendersi conto che i rischi di esposizione alle minacce informatiche crescono esponenzialmente qualora vengano sfruttati indebitamente i privilegi peculiari dell’amministratore, a prescindere dal fatto che ciò avvenga all’interno o all’esterno dell’azienda. Quest Software (ora parte di Dell) pone da sempre grande attenzione ai problemi che le aziende devono affrontare quando non possono controllare e monitorare adeguatamente l’accesso in modalità amministratore e gli utenti privilegiati.
Da un recente sondaggio condotto in occasione di The Experts Conference, un incontro annuale globale dei professionisti dell’IT co-sponsorizzato da Quest e Microsoft, è emerso che per metà degli intervistati il problema principale in ambito conformità riguarda la corretta gestione dei diritti di accesso degli utenti, incluso l’accesso per gli utenti privilegiati. In quest’ultimo caso, la sfida è ancora più grande quando vengono date agli amministratori “le chiavi del regno”, con ampi diritti di accesso a sistemi IT fondamentali.
Nel settore privato, uno sbaglio nella gestione dell’accesso alle informazioni e delle conformità degli standard di sicurezza si può tradurre in perdite economiche e controlli poco accurati che possono arrecare danni al brand stesso. Nel settore pubblico, gestire i diritti di accesso degli utenti è una scommessa la cui vittoria significa sconfiggere continue minacce in termini di sicurezza nazionale.
Un nuovo report sviluppato per Quest da Enterprise Management Associates (EMA), identifica i controlli inadeguati agli accessi amministrativi come “il più grande gap di molte aziende per quanto riguarda l’IT”.
Il report “Perché dovreste prendere in considerazione la gestione degli accessi privilegiati (e cosa bisognerebbe sapere)”, esamina alcune delle scuse più comuni che le aziende forniscono per giustificare queste negligenze.
La ricerca offre un’utile panoramica su come le moderne pratiche di PAM (Priviledged Account Management) e le corrispondenti soluzioni tecnologiche possano risolvere i rischi legati a una policy di controllo flessibile, a flussi di lavoro automatizzati e a una reportistica completa per migliorare la sicurezza, l’efficienza e ottenere conformità.
Inoltre, per aiutare ulteriormente i top manager ad evitare i più comuni rischi alla sicurezza, Quest mette a disposizione tre consigli pratici:
1. Assegnare responsabilità individuali in caso di attività degli utenti privilegiati
L’accesso in modalità amministratore condiviso e non controllato non è solo una cattiva idea: è uno dei modi più facili e veloci per esporre un’azienda a rischi inutili, specialmente dal momento che questi account privilegiati hanno tipicamente potere estensivo su sistemi IT operativi, applicazioni, database, ecc…
Con account condivisi, ogni violazione alla sicurezza o alla conformità può essere tracciata solo all’account e non a un singolo amministratore che utilizza tale account. Un approccio migliore al contenimento del rischio implica garantire agli amministratori i diritti di accesso solo ed esclusivamente per ciò di cui hanno bisogno e quando ne hanno bisogno.
Le credenziali dovrebbero essere fornite solo in base alla necessità, insieme a un rapporto completo di chi le ha utilizzate, come e perché queste persone le hanno ricevute, chi ne ha approvato l’utilizzo, per cosa sono state utilizzate - e la password dovrebbe essere cambiata immediatamente dopo ogni utilizzo. La capacità di automatizzare e mettere in sicurezza l’intero processo è un modo efficace di gestire l’accesso amministrativo di un’intera azienda. Analogamente, il PAM è essenziale per consentire alle autorità competenti di lavorare efficacemente.
2. Implementare e rafforzare una strategia di sicurezza “con meno privilegi” per l’accesso amministrativo
Molti account degli amministratori di sistema, inclusi i root Unix, Windows o Active Directory admin, DBA ecc forniscono autorizzazioni senza limiti entro la portata del loro controllo e, qualora condivisi, possono aprire un varco ad attività maligne.
Un approccio più prudente consiste nello stabilire una policy che definisca chiaramente cosa possano o non possano fare ad ogni accesso gli amministratori (o chi ne ricopre il ruolo).
Poiché questo processo può essere complicato e spesso difficile da applicare, Quest raccomanda l’implementazione di strumenti di delega granulare ottimizzati per le piattaforme previste e integrati con altre tecnologie PAM come la salvaguardia dei privilegi, l’autenticazione multifattore o il bridge Active Directory.
3. Ridurre le complessità di gestione degli account privilegiati
Una delle principali sfide a livello di PAM deriva dall’utilizzo di sistemi IT diversi, ognuno con caratteristiche ed esigenze uniche per quanto riguarda la gestione degli account privilegiati. Questo si traduce nell’utilizzo di tool specializzati e nell’attuazione di policy e pratiche ad hoc per controllare l’accesso agli account privilegiati. Sfortunatamente, questo approccio spesso complica il processo di controllo, rendendo difficile dimostrare che tutti gli accessi siano controllati e che i principi di “separazione dei compiti” siano stabiliti e rafforzati.
Per questa ragione, consolidare sistemi diversi su una struttura identitaria comune crea un ambiente dove un singolo approccio PAM può essere rapidamente rafforzato con maggiore coerenza su segmenti di azienda più ampi, eliminando gli errori nati da complessità multisistema, riducendo il rischio e abbassando la spesa richiesta per la gestione di sistemi multipli. Inoltre, qualunque consolidamento delle capacità PAM sotto una gestione comune e un’interfaccia di reportistica fornisce efficienza migliorata.
Il report di EMA citato in precedenza indica che le aziende focalizzate sul raggiungimento di un alto livello di disciplina nella gestione del cambiamento e nella configurazione tendono ad avere risultati migliori, che si traducono non solo in una minore incidenza di episodi di minacce alla sicurezza, ma anche in una più elevata affidabilità IT, un minor livello di attività IT non pianificate, maggior successo nei cambiamenti a livello IT e un maggior numero di progetti IT completati in tempo e nel pieno rispetto del budget allocato.
Quest® One Identity Solutions centralizza e semplifica il PAM
Quest Software offre un approccio modulare e integrato per la gestione utenti e il controllo degli accessi, con particolare attenzione alle esigenze di Privileged Account Management che controlla le minacce interne e ottimizza l’efficienza IT consentendo alle aziende di ridurre drasticamente i pericoli correlati all’utilizzo eccessivo e incontrollato di utenze privilegiate e le relative conseguenze in termini di danni di immagine o ricadute penali.
Quest Software offre un approccio modulare e integrato per la gestione utenti e il controllo degli accessi, con particolare attenzione alle esigenze di Privileged Account Management che controlla le minacce interne e ottimizza l’efficienza IT consentendo alle aziende di ridurre drasticamente i pericoli correlati all’utilizzo eccessivo e incontrollato di utenze privilegiate e le relative conseguenze in termini di danni di immagine o ricadute penali.
Fonte: Sound PR
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Saldi online: 1 utente su 5 ingannato da siti che vendono merci contraffatte
Con la stagione degli acquisti delle festività 2012 dietro l'angolo, MarkMonitor ®, leader mondiale nella protezione del marchio aziendale e parte di Thomson Reuters, ha pubblicato il suo ultimo studio sull'e-commerce e le merci contraffatte. Concentrandosi sui segmenti dei beni di lusso e abbigliamento, lo Shopping Report di MarkMonitor ha rivelato che fra i cacciatori di saldi negli Stati Uniti e in Europa uno su cinque acquistano erroneamente su siti di e-commerce che vendono prodotti contraffatti, mentre sono alla ricerca di offerte on-line.
Le persone che cercano sconti sono in inferiorità numerica rispetto ai consumatori che cercano merce falsa con una percentuale di 20 a 1.
Utilizzando la tecnologia proprietaria per esaminare i modelli di shopping online, MarkMonitor ha lavorato a stretto contatto con Nielsen, leader mondiale nella fornitura di informazioni e approfondimenti su ciò che i consumatori cercano e comprano, per analizzare i dati anonimi di alcuni partecipanti in sei Paesi in un periodo di nove mesi.
Sono state analizzate quasi cinque milioni di sessioni di shopping durante il periodo di studio, con particolare attenzione ai termini di ricerca utilizzati dagli amanti dello shopping, come 'falso', 'riproduzione', 'economico' o sconto ", per determinare la loro motivazione. Fra i cacciatori di occasioni statunitensi ed europei, circa uno su cinque (ad es. chi cerca termini come a buon mercato, sconto, o outlet) invece di arrivare ai siti ufficiali giunge su siti che vendono merce contraffatta e illegale. I tassi di conversione (definiti come “aggiungere qualcosa nel carrello”) per le visite a questi siti sono stati superiori rispetto ai tassi di conversione per le visite a siti che vendono merce legale.
"I consumatori sono stati attratti da siti di e-commerce illegali, causando la perdita di business per i brand. I risultati del nostro Shopping Report sottolineano l'importanza di sviluppare strategie proattive di protezione del marchio nell'era digitale ", ha dichiarato Frederick Feldman, chief marketing officer di MarkMonitor.
Inoltre, lo Shopping Report di MarkMonitor ha esaminato molteplici fattori demografici - tra cui l'età, il reddito, l'istruzione e la dimensione delle famiglie - e ha rilevato che c'erano minime differenze demografiche tra i consumatori online che cercano merci contraffatte e coloro che sono semplicemente alla ricerca di offerte di beni legali.
Ad esempio, tra i consumatori degli Stati Uniti, circa un quarto degli acquirenti online nel campo dei prodotti di marca (26%) e chi compra merci contraffatte (26%) ha una laurea quadriennale o superiore. Circa il 37% degli acquirenti statunitensi di beni legali ha un reddito annuo inferiore a 50.000 $, tra i clienti degli Stati Uniti di merce contraffatta, il 38% guadagna meno di 50.000 $ all'anno. Tra i paesi dell'Unione Europea, la percentuale di consumatori che guadagnano più di 54.000 € all’anno è lo stesso per gli acquirenti di beni legali e contraffatti (17%).
"Questi risultati mettono davvero in discussione l'opinione comune che i consumatori che acquistano merci contraffatte siano nettamente differenti rispetto a quelli che acquistano prodotti autentici", ha commentato Eric Solomon, Senior Vice President, global digital audience measurement di Nielsen. "Con il Cyber Monday dietro l'angolo, i consumatori in tutti i segmenti devono fare attenzione quando comprano on-line."
Molte merci contraffatte hanno un prezzo specifico per apparire come beni legali, spesso scontati al 25-50% sul prezzo di listino, sconto paragonabile a quello di fine stagione o al “fuori tutto”.
Questi prezzi plausibili fanno si che i cacciatori di saldi credano di ottenere un buon affare sulla merce legale, soprattutto se abbinati alla crescente tendenza dei siti non autorizzati a utilizzare le campagne di marketing e le fotografie dei brand ufficiali.
"Con l'avvicinarsi della stagione dello shopping delle vacanze, chi lavora nel marketing desidera massimizzare ulteriormente il ROI e le entrate. La metodologia unica che abbiamo sviluppato con Nielsen aiuterà i marchi, fornendo loro nuovi spunti per la richiesta dei loro prodotti e servizi", ha concluso Felman.
"Integrando dati autorizzati e anonimi del Panel di Nielsen con le informazioni su siti non autorizzati e sul traffico online, siamo in grado di offrire prospettive uniche di modelli di acquisto dei consumatori, in canali alternati di e-commerce e aiutare i brand a recuperare il traffico e le entrate che questi consumatori rappresentano". Lo studio, condotto tra luglio 2011 e marzo 2012, ha analizzato la relazione tra gli acquirenti online, i termini di ricerca che utilizzano e i siti che visitano quando cercano abbigliamento e beni di lusso.
Utilizzando i dati del panel anonimi e le ricerche di parole chiave, gli analisti MarkMonitor hanno esaminato il traffico verso i siti visitati dai membri del panel, tra cui 1.000 siti web che vendono merci e 8.000 siti individuati da MarkMonitor come venditori di merci contraffatte. Gli analisti hanno segmentato i consumatori a seconda che abbiano visitato siti che vendono prodotti contraffatti e secondo la ricerca delle parole chiave relative sia alle offerte che ai prodotti contraffatti. I partecipanti del panel di Nielsen provenivano da Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. Lo Shopping Report di MarkMonitor è disponibile per il download gratuito al link: https://www.markmonitor.com/2012shoppingreport/
Informazioni su MarkMonitor
MarkMonitor, leader mondiale nella protezione dei marchi e parte della divisione Intellectual Property & Science di Thomson Reuters, utilizza un modello SaaS per fornire tecnologia avanzata e competenza in grado di tutelare il fatturato e la reputazione dei più famosi marchi a livello mondiale.
Oggi, nell’era digitale, i marchi devono affrontare i nuovi rischi derivanti dall’anonimato del web, dalla sua portata globale e da mutevoli modelli di consumo relativi a contenuti digitali, merci e servizi. I clienti scelgono MarkMonitor perché offre una combinazione unica tra esperienza, tecnologia avanzata e solidi rapporti con le aziende che possono così tutelare investimenti di marketing e vendite, mantenendo la fiducia dei propri clienti.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.markmonitor.com.
Informazioni su Thomson Reuters
Thomson Reuters è la fonte primaria, a livello internazionale, di informazioni intelligenti per aziende e professionisti. Combinando una conoscenza approfondita del settore a tecnologia innovativa, la società fornisce informazioni essenziali ai più importanti decision maker dei settori quali: controllo finanziario e del rischio, legale, fiscale e contabile, proprietà intellettuale e scienza e media, con il sostegno della più accreditata agenzia di stampa del mondo. Thomson Reuters, che ha sede a New York e uffici a Londra ed Eagan (Minnesota), ha 60.000 dipendenti e opera in più di 100 paesi. Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.thomsonreuters.com.
MarkMonitor® è un marchio registrato di MarkMonitor Inc. che fa parte della divisione Intellectual Property & Science di Thomson Reuters. Tutti gli altri marchi citati sono di proprietà dei rispettivi titolari. Fonte: Shin Communication
Startup dichiara che l'80% dei suoi clic su Ad di Facebook vengono da bot
Limited Run, una startup americana che crea piattaforme di e-commerce per i musicisti e i discografici, ha deciso di chiudere la sua pagina Facebook (www.facebook.com/limitedpressing) in favore del profilo Twitter (www.twitter.com/limitedpressing) e in questo post (www.facebook.com/limitedpressing/posts/209534972507958) hanno spiegato che la loro scelta dipende dalla delusione nei confronti della pubblicità di Facebook. Secondo il team di Limited Run, l'80% dei click generati dagli annunci che hanno pubblicizzato la società sul social network sarebbero bot. La società ha spiegato la situazione nel post della sua pagina Facebook, adesso eliminata. Nel messaggio (al link che segue trovate la copia cache di Google http://bit.ly/NKVwtt), si legge:
"Un paio di mesi fa, quando ci stavamo preparando a lanciare il nuovo Limited Run, abbiamo iniziato a sperimentare gli annunci di Facebook. Purtroppo, durante la prova il loro sistema di ads, abbiamo notato alcune cose molto strane. Facebook ci ricarica per i clic, ma si può verificare che solo circa il 20% di essi sono effettivamente visualizzati sul nostro sito. In un primo momento, abbiamo pensato che era il nostro servizio di analisi. Abbiamo provato l'accesso per una manciata di altre aziende di grande nome, e ancora, non abbiamo potuto verificare più di 15-20% di click. Così abbiamo fatto quello che tutti gli sviluppatori buoni farebbero. Abbiamo costruito il nostro software analitico."
"Ecco cosa abbiamo trovato: su circa l'80% dei clic che Facebook ci stava tariffando, non vie era JavaScript. E se l'utente che sta cliccando l'annuncio non ha JavaScript, è molto difficile per un servizio di analisi verificare il click. Quello che è importante è che in tutti i nostri anni di esperienza, solo circa l'-2% delle persone che vengono a noi hanno disabilitato JavaScript, non come l'80% di questi click provenienti da Facebook. Così abbiamo fatto quello che tutti i buoni sviluppatori farebbero. Abbiamo costruito un logger page. Ogni volta che una pagina era stata caricata, tenevamo traccia di essa. Sapete che cosa abbiamo trovato? L'80% dei click che stavamo pagando provenivano da bots. Questo è corretto. I bot hanno effettuato il caricamento delle pagine facendo aumentare i nostri costi di pubblicità."
L'user agent risultava essere non standard: non era l'agent di Chrome, di Internet Explorer, di Firefox né di qualsiasi altro noto browser Web. Nessuno di questi click caricava immagini o intraprendeva attività "umane" sul sito. Molti commentatori hanno risposto sia su Techcrunch che su Hacker News, parlando di esperienze simili, sebbene altri hanno riferito di ottime esperienze, soprattutto con le Sponsored Stories e post sponsorizzati. La startup ha chiesto anche di cambiare il nome della pagina da Limited Pressing a Limited Run, ma per eseguire questa operazione, secondo l'azienda, Facebook avrebbe chiesto 2.000 dollari in pubblicità. Facebook, interpellato da Techcrunch, ha risposto:
"Stiamo attualmente esaminando le loro richieste. Per il loro problema con il cambio di nome Pagina, sembra esserci una sorta di cattiva comunicazione. Noi non facciamo pagare le Pagine per cambiare i loro nomi. Il nostro team è venuto a conoscenza di questo solo adesso". Per quanto riguarda il problema dei click auomatizzati, il portavoce di Facebook ha dichiarato che l’azienda sta indagando sulla questione. Nella presentazione degli utili societari della scorsa settimana, il CFO di Facebook David Ebersman ha detto che Facebook sta lavorando attivamente per fare in modo che il suo social network sia popolato solo da persone reali e non da bot. Durante il secondo trimestre del 2012, ha detto:
"Abbiamo affinato e migliorato la nostra metodologia per il riconoscimento di ciò che noi chiamiamo gli account duplicati o falsi. Questi perfezionamenti hanno portato ad un aumento nella nostra stima degli account duplicati o falsi relativi allla nostra precedente stima globale, trainata principalmente dai mercati emergenti come Turchia e Indonesia... Dal momento che l'identità autentica è così importante per l'esperienza di Facebook, continueremo a cercare di migliorare le nostre tecniche di gestione degli utenti con l'obiettivo di assicurare che ogni account su Facebook rappresenta un individuo unico e autentico". In tal senso Facebook sta testando un nuovo sistema per riconoscere gli account falsi ed ha rivelato che il loro numero è pari a 83,09 milioni di utenti.
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