Sality, il virus che blocca l'antivirus


Gli esperti di Kaspersky Lab hanno rilevato una nuova variante di Sality.aa, che è attualmente tra i virus polimorfi più popolari. Sality.aa ha mutato circa un anno fa ed il suo cambiamento non è stato del tutto radicale. Tuttavia, negli ultimi due anni, questo virus è rimasto nella top five dei programmi dannosi rilevati più frequentemente sui computer degli utenti. Sality, una volta avviata l'infezione, tenta di arrestare ogni processo che potrebbe ostacolarlo. Sality è un virus complesso che include keylogger e funzioni di backdoor. Sality col suo eseguibile, elimina i file associati ai software di sicurezza, tra cui antivirus e firewall. 

Poi esegue un modulo di keylogging, che raccoglie informazioni di sistema e di rete, i nomi di accesso utente e password, ruba informazioni riservate memorizzate in specifici file e manda infine tutti questi dati ad un indirizzo di posta elettronica predefinito. Sality può anche aprire una porta sul retro (backdoor) che fornirà l'accesso dei malintenzionati al computer infetto. L'intruso potrà così controllare il sistema e rubare ulteriori informazioni sensibili.

Nella nuova variante, Sality.ag contiene fondamentalmente nuovo algoritmo di decrittazione e una serie di funzioni avanzate. Secondo Kaspersky Lab, la nuova variante ha tutte le possibilità di sostituire la versione precedente Sality.aa e rischia di diventare molto popolare. Una volta all'interno di un sistema, la prima cosa che fà Sality.ag è quella di installare una DLL e un driver per filtrare il traffico internet. La DLL viene utilizzata per respingere qualsiasi tipo di software di sicurezza e firewall. Di seguito è riportato uno screenshot della DLL scomposta. Esso contiene le linee che dimostrano che il virus ha la capacità di resistere a software per la sicurezza: "avast! Self Protection "," NOD32krn "," Avira AntiVir Premium "," DRWEBSCD ", ecc.


Sality utilizza uno dei modi più semplici per spegnere un antivirus: esso tenta di chiudere tutte le finestre e terminare tutti i processi con i nomi associati ai prodotti di sicurezza. Termina inoltre TaskManager e UAC, e si carica su "System\CurrentControlSet\Control\SafeBoot" in modo da far partire il proprio driver anche in modalità provvisoria. Il driver crea un dispositivo chiamato "amsint32" e comunica con "\Device\IPFILTERDRIVER", il filtro dei pacchetti IP-driver, in modo che possa filtrare tutto il traffico Internet. Nel momento in cui prende il controllo, il virus stabilisce una connessione con un server remoto e continua ad operare come backdoor ricevendo qualsiasi tipo di comando da tale server. Allo stesso tempo, il corpo principale del virus crea degli oggetti di sincronizzazione per lanciare i file infetti "uxJLpe1m" e "Ap1mutx7". Vengono inoltre scaricati i dati di servizio del virus dai seguenti URL:
  • http://sagocugenc.sa.funpic.de/images/*****.gif http://www.eleonuccorini.com/images/*****.gif
  • http://www.cityofangelsmagazine.com/images/*****.gif
  • http://www.21yybuyukanadolu.com/images/*****.gif
  • http://yucelcavdar.com/*****.gif
  • http://www.luster-adv.com/gallery/Fusion/images/*****.gif
Dopo aver finito tutti i download, Sality tenterà di stabilire una connessione remota a un server e continuerà le  operazioni come una regolare backdoor, eseguendo tutti i comandi che riceve dallo stesso server. La tecnica di infezione impiegata resta simile a quella utilizzata per Sality.aa, la variante precedente che utilizza l'algoritmo RC4. Consigliamo per la sua rimozione un tool specifico o Malwarebytes.

Messaggi offensivi su Facebook: scatta la condanna al risarcimento del danno


Facebook è il luogo frequentato da milioni di persone di ogni genere ed età. Spesso si creano situazioni incresciose che possono sfociare in insulti e offese anche gravi. Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. E’ tenuto al risarcimento del danno colui che lede la reputazione, l’onore o il decoro di una persona mediante l’invio di un messaggio per il tramite del social network “Facebook”. 

Lo ha deciso il Tribunale di Monza, Sezione Quarta Civile, con la sentenza 2 marzo 2010, che è stata la prima in Italia, a trattare di uno dei siti di condivisione più popolari al mondo. In particolare la recente sentenza ha visto il Tribunale civile di Monza condannare un soggetto al pagamento di Euro 15.000,00 (oltre spese legali) per aver leso la reputazione, l’onore e il decoro di una persona mediante l’invio di un messaggio tramite il social network “Facebook”.

Tribunale di Monza
Sezione IV Civile
Sentenza 2 marzo 2010, n. 770
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
TRIBUNALE DI MONZA
Sezione IV Civile
Il Tribunale di Monza, Sezione Quarta Civile, in persona del magistrato dott. PIERO CALABRO’
in funzione di Giudice Unico
ha pronunziato la seguente
SENTENZA

nella causa civile iscritta al RG n.4456/09, promossa con atto di citazione notificato in data 12.3.2009
da
F. B., rappresentata e difesa dagli avvocati M.Costantin e R.Mandelli, presso lo studio dei quali in Meda largo Europa n.7 ha eletto domicilio.....………...........................................................
PARTE ATTRICE
contro
T. P., rappresentato e difeso dagli avvocati S.Paganessi, G.Violini e C.Dehò, presso lo studio della quale in Monza via Magellano n.38 ha eletto domicilio.............................................
PARTE CONVENUTA

Oggetto della causa : risarcimento danni da fatto illecito
All’udienza del 22.12.2009 i procuratori delle parti precisavano le
CONCLUSIONI
come da n.3 fogli vistati dal G.U. ed allegati al processo verbale

Il caso.
Tizia, portatrice di una particolare tipologia di strabismo, definita “esotropia congenita”, conosce Caio, tramite “Facebook”, con il quale incomincia una vera e propria relazione sentimentale. Il ragazzo, evidentemente assillato dalle continue e pressanti attenzioni della donna, decide di inviare a quest’ultima, sempre mediante l’utilizzo del social network in questione, un messaggio, ben visibile da altri utenti, con il quale, oltre ad intimarle di cessare ogni rapporto con il medesimo, non solo infieriva sull’aspetto fisico della giovane, ma rendeva palesi determinati gusti sessuali di quest’ultima, ledendo, in tal modo, la reputazione, l’onore ed il decoro della ragazza. Per tale motivo, Caia decide di adire le vie legali, chiedendo al magistrato il risarcimento del danno morale soggettivo o, comunque, del danno non patrimoniale, conseguente alla lesione subita.

Facebook consente agli utenti di fruire di alcuni servizi tra i quali l’invio e la ricezione di messaggi, fino alla possibilità di scrivere sulla bacheca di altri amici, decidendo di impostare diversi livelli di condivisione di tali informazioni. E’ evidente di come gli utenti del social network siano consapevoli del fatto che altre persone possano prendere visione delle informazioni scambiate in rete, anche indipendentemente dal loro consenso. E’ quello che accade mediante lo strumento del “tagging”, il quale permette al soggetto “taggato” di copiare fotografie, video e messaggi pubblicati all’interno delle bacheche o profili altrui.

Come rilevato dal Tribunale di Monza, sebbene il sito offra ai soggetti iscritti grandi possibilità di relazionarsi con gli altri, molti sono i rischi delle “potenziali esondazioni dei contenuti che vi si inseriscono”, contenuti il più delle volte sottratti alla disponibilità dell’autore per effetto della procedura appena accennata. L’istituto del danno non patrimoniale è, probabilmente, quello che più di ogni altro, negli ultimi anni ha visto un progressivo innalzamento dell’attenzione da parte della giurisprudenza, in particolare di legittimità. 

Sul punto, il Tribunale di Monza, richiamando la recente giurisprudenza di legittimità, precisa come nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula danno morale non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive – tra i vari pregiudizi non patrimoniali – un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata: sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento” (Cass. Sez. Un., sentenza 11 novembre 2008, n. 26972 e n. 26975). 

Secondo il giudice territoriale, nella specie deve essere affermata la risarcibilità del danno morale soggettivo, quest’ultimo inteso come “transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima” del fatto illecito, ovvero come insieme delle sofferenze inflitte alla danneggiata dall’evento dannoso, del tutto indipendentemente dalla rilevanza penalistica del fatto. Rilevanza che, secondo il giudice, si potrebbe ravvisare nel fatto sussumibile nell’ambito della previsione normativa di cui all’art. 594 (ingiuria) e, soprattutto all’art. 595 (diffamazione) c.p. «alla luce del cennato carattere pubblico del contesto che ebbe ad ospitare il messaggio de quo, della sua conoscenza da parte di più persone e della possibile sua incontrollata diffusione a seguito di tagging». A questa pagina trovate la sentenza completa. Fonte: Altalex

Frodi ed identità rubate sui social network

Furto delle indentità su Facebook e MySpace: i social network come Facebook, MySpace, ma anche Twitter sono le "banche dati" dove i delinquenti si procurano nomi e date di nascita in quantità. All'interno dei network, spesso questi dati sono visibili a tutti o reperibili con comodità tramite Google. Anche se attualmente mancano statistiche in merito, si può affermare che la tendenza è in chiaro aumento. L'allarme viene da Londra, dagli esperti del "Get safe online", sito sponsorizzato dal governo britannico che tutela i naviganti della rete. Tony Neate, un responsabile del sito londinese, è chiaro: "Dovete inserire solo le informazioni che fornireste ad un perfetto sconosciuto sull'autobus". I cybercriminali sul Web con un clic carpiscono l'identità di terzi, accumulano debiti a loro nome e rovinano la loro reputazione. La tattica usata dai truffatori prevede il furto d'identità e acquisti a nome delle vittime. I casi di frode online sono in continuo aumento: in Gran Bretagna sono stati registrati più di mille episodi di identità rubata. Un danno che può costare caro ai legittimi proprietari del profilo. Ai criminali sono sufficienti pochi dati per effettuare operazioni bancarie, come dichiara Tome Ilube di Garlik, un'altra organizzazione che si occupa di sicurezza online: "Non è detto che i ladri trovino tutte le informazioni necessarie su siti sui quali queste si condividono - ha spiegato Tome , - ma basta qualche dettaglio privato per avviare una ricerca più approfondita sulla persona da truffare".
Se negli anni scorsi si registrava un massiccio impiego di trojan e phishing impiegati per attaccare conti bancari on-line, ora il trend si dirige chiaramente verso il furto d'identità di terzi. Infatti, mentre misure recenti (per esempio servizi come Verified by Visa, che impone un'ulteriore verifica con password per l'uso della carta di credito) rendono più sicuro l'home banking e i browser segnalano le pagine contraffatte, abusare di dati personali è molto semplice. Alcune catene di negozi e persino alcune banche, agevolano il lavoro ai delinquenti: per concedere finanziamenti, accettano infatti fotocopie di documenti in luogo delle originali. Come è ovvio, falsificare la fotocopia di un documento è molto più semplice che falsificare il documento stesso e per il truffatore è semplicissimo, una volta conosciuti i dati anagrafici del malcapitato attraverso i social network, creare una falsa fotocopia assolutamente convincente usando uno scanner e un semplice programma di fotoritocco.
Ma, anche senza l'aiuto di banche e negozi poco scrupolosi, non è impossibile per i criminali eludere i primi controlli e ottenere finanziamenti usando il nome del malcapitato. Poichè i dati sono esatti, i controlli successivi daranno esito positivo: la persona che ha chiesto e ottenuto il finanziamento esiste ed è reperibile. I delinquenti potranno quindi acquistare beni e servizi a loro nome versando solo la prima rata. Tutto il resto andrà a carico del soggetto la cui identità è stata rubata. Il danno più difficile da riparare è in questi casi senza dubbio la reputazione compromessa. I consulenti legali consigliano di ricorrere immediatamente al tribunale: le fatture false non vanno pagate. Inoltre, le vittime dovrebbrero sporgere denuncia informando in negozi e la polizia.
Pubblicare il proprio profilo e renderlo appetibile costituisce quindi un forte rischio per una possibile manipolazione dei "ladri d'idenità". E' dunque importante mantenere una certa riservatezza sui social network: molti utenti bloccano agli sconosciuti l'accesso alle foto o alla loro bacheca, ma non la data di nascita o il domicilio. Questi dati sono sufficienti per diventare vittima dei delinquenti. Inoltre, non è consigliabile accettare qualsiasi richiesta d'amicizia o di contatto: diffidate dagli utenti!
Via: La Repubblica
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